Giornalisti senza telegrafo – cap. III, par. 3
Fu naturalmente il telegrafo elettrico – messo a punto in via sperimentale nel 1837 a un inglese, William Cooke, e da un americano, Samuel Morse (ciascuno per suo conto) – a trasformare l’informazione giornalistica in uno strumento capace di influenzare in modo immediato l’opinione pubblica, e quindi anche la stessa evoluzione degli eventi.
Il telegrafo ebbe diffusione massiccia ma non immediata e recitò una parte di primo piano, come vedremo, nella guerra di Crimea e soprattutto in quella di secessione americana.
Ma prima, senza telegrafo, come operavano i giornalisti che dovevano informare da grande distanza?
Le leggi della concorrenza, già agli albori del secolo scorso, erano spietate. Il reporter doveva utilizzare tutti i mezzi disponibili per far pervenire al giornale la notizia, prima del normale servizio postale.
Il più abile tra i grandi inviati è considerato Sir William Howard Russell, del britannico “Times”. Fu lui a coprire con le sue corrispondenze la spedizione in Crimea, nel 1854.
Dieci anni prima, nella gara mortale con il concorrente “Morning Herald” – e in epoca pre-telegrafo – era incorso in una memorabile e sfortunata avventura. Il direttore Delane lo aveva inviato a seguire in Irlanda Il processo a un leader accusato di terrorismo. L’interesse era grande, in Inghilterra. E tuttavia i dispacci sul dibattimento, per arrivare, impiegavano settimane.
Per la sentenza, il Times aveva noleggiato una nave speciale, ancorata al porto di Kingstown. La tenacia e l’organizzazione di Russel furono premiate: nella serata di un caldo sabato d’agosto, mentre i giudici erano riuniti da giorni per il verdetto, comunicò ai colleghi che se ne sarebbe andato a dormire, mentre quelli, compreso l’inviato del “Morning”, si trasferivano in trattoria. Invece proprio quella sera, a tarda ora, la sentenza fu emessa: condanna.
Il giornalista del “Times” raggiunse la stazione con una carrozza noleggiata. Lì lo attendeva un treno speciale per Kingstown dove il piroscafo levò l’ancora diretto a Holyhead.
C’era ormai un distacco incolmabile tra Russel, portatore della sua preziosa notizia, e i concorrenti. Sbarcato a Holyhead, il giornalista proseguì la sua fuga solitaria a bordo di un treno speciale per Londra, dove alla stazione di Euston una vettura del “Times” lo stava aspettando. E finalmente, l’ingresso, di corsa, nella sede del quotidiano, dove l’attesa e la tensione erano straordinarie; fin dalle scale un tipografo lo accolse con un sorriso:”Allora, lo hanno dichiarato colpevole, signore?” “Colpevole, amico mio” fu la risposta dell’esausto Russell, che si apprestava a scrivere l’articolo, consumando il suo solitario trionfo.
Il tipografo era in realtà un uomo piazzato dal “Morning”. Aesso erano in due a sapere la notizia.
Il giorno dopo, l’articolo del “Times” e quello del “Morning” Herald” uscirono contemporaneamente.
Negli Stati Uniti, destinati a divenire la patria del giornalismo, la difficoltà nelle comunicazioni favorì la nascita di fogli locali. Quando, nel 1800, vi fu trasferita la capitale da Philadelphia, a Washington non usciva nessun giornale, nè c’erano corrispondenti di altre testate.
Mentre in Europa il giornalismo politico, in particolare dalla rivoluzione francese in poi, aveva conosciuto uno sviluppo straordinario, in America i fogli erano poco più che bollettini con annunci ufficiali, conditi con racconti di viaggi e raccolte di lettere.
Alexis de Toqueville, attraversano l’America nel 1831, scoprì con sorpresa che c’era un giornale quasi in ogni villaggio, e osservò però che gli editori-direttori erano in genere “in una posizione umile, con una scarsa istruzione e una volgare disposizione mentale”; le pubblicazioni, fragili finanziariamente, erano spesso al servizio di questo o quel candidato o notabile.
La debolezza dei giornali locali consentì alla Casa Bianca un’operazione di controllo denominata “Patronage”, o padrinaggio. In cambio di annunci e notizie addomesticate, i fogli locali ricevevano sovvenzioni e contratti di stampa. Fu però con l’elezione di Andrew Jackson, restato poi al potere per ue mandati, dal 1829 al 1837 che, nota lo storico, “il controllo dell’informazione raggiunse il suo zenit”.
Il presidente Jackson, che aveva per slogan:”lasciamo che il popolo governi”, utilizzò massicciamente i contratti di padrinaggio, arrivando ad avere 47 giornalisti sul suo libro paga.
Tre di loro furono addirittura chiamati a far parte del Kitchen Cabinet, il gabinetto dei consiglieri della Casa Bianca.
Al servizio diretto di Jackson si misero in particolare due editori, Amos Kendall e Francis Blair, fondatori del “Globe”. Prorpio utilizzando la frammentazione dell’informazione nell’era pre-telegrafica Blair e Kendall misero in atto un meccanismo di manipolazione che anticipava le tecniche del new management: essi facevano ripubblicare sulla stampa di Washington, a testimonianza della popolarità del presidente nella ruspante periferia degli States, articoli di commento elogiativi comparsi sulla stampa locale; i commenti, si seppe poi, erano stati scritti per i fogli di provincia dallo staff della Casa Bianca, sotto pseudonimi.
Kendall si fece così la fama di “macchina pensante, macchina per scrivere e, ahimè macchina delle falsità del presidente”.