10. Quale società , quali responsabilità
Il movimento antibellicista americano, almeno in parte, finì in realtà con il diventare nettamente pro-vietnamita, nell’illusione non solo di combattere contro la guerra americana, ma anche di difendere la visione di una migliore società nata in Vietnam…”
Penso che non fossero pochi a desiderare una nuova società , alternativa e veramente umana.
Sì, molti credevano che proprio una società del genere sarebbe stata creata da quei nordvietnamiti che erano invece burocrati del socialismo di Stato. Del resto era inverosimile che lo facessero, con il terrore e le distruzioni sempre crescenti man mano che si prolungava la guerra.
Vale la pena misurarsi con questi problemi, ma è molto difficile, in primo luogo perchè non siamo nelle profondità dello spazio. Siamo negli Stati Uniti, nel cuore di una società che dedica ogni sforzo al sostegno degli elementi più duri, autoritari, oppressivi di quel regime, o alla distruzione pura e semplice del Vietnam.
Siamo in una società che si servirà delle nostre stesse critiche per questi scopi distruttivi. Sono fatti che nessuna persona onesta può negare o ignorare. Fatti che restano veri anche oggi, così come lo erano durante la guerra.
Gli Stati Uniti non hanno ancora abbandonato il tentativo di vincere la Guerra del Vietnam. Cercano ancora di vincerla e per molti versi la stanno vincendo. Uno dei modi in cui la vincono consiste nell’imporre condizioni destinate a far emergere e a potenziare tutto quanto di repressivo esisteva già fra i comunisti vietnamiti. Costoro si rendono conto di vivere in uno Stato dotato di enormi poteri, usati a fini distruttivi e omicidi. E quello che facciamo noi, gli atti che compiamo, saranno sfruttati ogni volta che sia possibile, a questo fine.
La gente onesta non può non rendersi conto di essere moralmente responsabile delle prevedibili conseguenze dei suoi atti. E uno di questi stranamente, è l’accurata analisi critica del socialismo di Stato e del suo autoritarismo nel Vietnam del Nord o a Cuba o in altri paesi che gli Stati Uniti si sforzano di abbattere.
Tutte le accurate analisi ed altro non serviranno che ad appoggiare lo sforzo degli Stati Uniti, contribuendo quindi ad accrescere oppressione e sofferenza. Sono dilemmi molto penosi, questi e non toccano solamente il popolo degli Stati Uniti. Un vero dissidente russo, per esempio, dovrebbe denunciare pubblicamente le atrocità e il carattere oppressivo della Resistenza afghana, sapendo che le sue critiche saranno sfruttate a sostegno dell’aggressione russa?
Supponiamo di riuscire, in qualche modo, a condurre questa indagine e a discuterla senza servire i piani dell’imperialismo. Ebbene, sorgerebbero problemi veramente ardui. E’ facile, semplicistico affermare che vi sono regimi opprressivi retti dal socialismo di Stato. E’ vero. Ma poi sarebbe tutt’altro che facile rispondere a interrogativi come questo: che cosa si potrebbe fare in Indocina, ad esempio, in una società che è stata così gravemente, quasi mortalmente colpita da una guerra distruttiva e da un retaggio coloniale che ha avuto effetti orribili, e praticamente ignoti in occidente? Non ci si cura molto di tutto questo.
E anche prescindendo dagli immani disastri causati dall’uomo, quali potrebbero essere le reali prospettive di sviluppo per società come queste? Vi sono risposte facili, semplicistiche, ma non servono granche.
Lei crede che si pensi molto a questi problemi?
In maniera costruttiva pochissimo. Ad esempio si fa pochissimo per rendersi conto del fatto che nel loro insieme i popoli del Terzo Mondo, oggi, sono a un livello di sviluppo inferiore a quello in cui si trovavano i popoli dell’Europa e degli Stati Uniti al principio della Rivoluzione industriale nel XVIII secolo, che inoltre non si trovavano di fronte a un ambiente ostile dove le principali risorse erano già state accaparrate. Sono problemi importanti cui si dovrebbe pensare e che inducono a chiedersi addirittura se il Terzo Mondo sia suscettibile di sviluppo.
Una volta lei ha scritto che se per qualche capriccio della Storia le potenze occidentali industrialmente avanzate decidessero davvero di aiutare i Paesi del Terzo Mondo, non sarebbe molto facile individuare le cose da fare e come farle.
E’ vero. I paesi del Terzo Mondo potrebbero diventare complementari del capitalismo occidentale. E conosciamo bene le conseguenze di una scelta del genere. Quali altri modelli di sviluppo esistono? Be’ esiste il modello autoritario del capitalismo di Stato sudcoreano, o il modello autoritario del socialismo di stato altrove. Non molto attraenti, sotto molti aspetti. Ma, d’altra parte esiste un modello di sviluppo libertario veramente credibile? Forse esiste, ma occorrerebbe un bel po’ di lavoro intellettuale per idearlo e dimostrarlo. Non basta scandire slogan per le strade. E questi sono problemi che gli anarchici non hanno mai affrontato con sufficiente serietà.