I famosi “due polli in pentola”
Due polli in pentola e due auto nel garage erano la mirabolante (per il periodo – il 1929) promessa che il presidente degli Stati Uniti Herbert Hoover promise agli americani. E “due polli in pentola”è il titolo del brano che segue, tratto dal saggio Sotto la notizia niente! di Claudio Fracassi.
A distanza di molti anni ormai dalla sua scrittura considero ancor questo saggio come uno dei più illuminanti sulle tecniche della informazione. Dall’autore ebbi il consenso a copiare il libro integralmente. Lo feci e il paragrafo seguente è solo un piccolo esempio che dia una idea dei contenuti assai interessanti.
Sotto la notizia niente – Cap. III, par. 13 – Due polli in pentola
Gli strumenti della censura, così massicciamente usati nei regimi totalitari, non erano ignoti alle grandi democrazie, e non solo in tempo di guerra. Al momento della grande crisi del 1929 il presidente Herbert Hoover cercò di rimediare con il controllo dell’informazione allo sfortunato esito delle sue promesse elettorali (“due polli in pentola e due auto nel garage per ogni famiglia americana”), Pretese che i giornalisti consegnassero preventivamente le loro corrispondenze da Washington alla Casa Bianca, per ricevere un imprimatur. Ci fu una ribellione, e il presidente selezionò allora un gruppo di reporter fidati e ufficiali, cui affidare le notizie. Fu il successore, Franklin Delano Roosevelt, a recuperare un rapporto di fiducia con la stampa e l’opinione pubblica, attraverso le sue famose conversazioni radiofoniche “davanti al caminetto”.
Negli Stati Uniti fece in quegli anni passi importanti la scienza dell’opinione pubblica, che intrecciava – come abbiamo già notato – le questioni della propaganda politica a quelle del marketing. A metà degli anni Trenta George Gallup, ex-docente dell’università dell’Yowa, mise a punto i suoi primi sondaggi, e riuscì a prevedere con sufficiente approssimazione il risultato delle rielezioni di Roosevelt nel 1936.
Nel 1939 la società Nielsen sperimentò l’audiometro, per calcolare, a profitto degli utenti pubblicitari, l’audience delle trasmissioni. Illimitata era la fiducia nelle tecniche di manipolazione – di tipo giornalistico o pubblicitario -, che alcuni sociologi apertamente esaltavano. Tra essi, il già citato Edward Bernays, l’uomo dell'”ingegneria del consenso”, il quale teorizzò: “Se si comprendono i meccanismi e i moventi propri dello spirito di gruppo, diviene possibile controllare e irreggimentare le masse secondo i nostri voleri e senza che ne prendano coscienza”.
Il “nuovo ordine sociale” auspicato era basato, essenzialmente, sull’unificazione e omologazione dei modelli di consumo, e, per conseguenza, degli stili di vita, emarginando solo coloro che, secondo Harold Lasswell, andavano considerati “nevrotici, soggetti patologici, frustrati, ignoranti”.
A tal fine era necessario un “uso sistematico” della pubblicità e della propaganda. Non è arbitrario rintracciare in questa strategia una variante raffinata dello “stupro delle folle” attraverso l’uso violento dei mezzi di comunicazione di massa, denunciato per altri versi da Ciacotin.
Che i nuovi strumenti fossero straordinariamente potenti, che fossero in grado di influenzare in maniera decisiva l’opinione pubblica, e che tendessero sempre più ad assottigliare e confondere il confine tra realtà e notizia, tra verità e falsità , tra esperienza e immaginazione, fu dimostrato, esemplarmente, dalla celebre trasmissione radio della Cbs del 30 ottobre 1938, quando Orson Welles mandò in onda un radiodramma tratto dalla “Guerra dei mondi” di H.G. Weels.
Così un sociologo descrisse l’impatto della trasmissione pubblica: “Già prima che la trasmissione fosse terminata, in tutti gli Stati Uniti c’era gente che pregava, piangeva e fuggiva freneticamente per scampare alla morte portata dagli alieni. Molti si misero in macchina alla ricerca dei propri cari. Altri telefonarono per un estremo saluto o per mettere in allarme gli amici…Almeno sei milioni di persone ascoltarono la trasmissione e almeno un milione di esse rimasero terrorizzate o sconvolte”.
Dalle interviste alle vittime della trasmissione l’autore della ricerca, il sociologo Hadley Cantril, trasse la convinzione che era l’istruzione, cioè un atteggiamento critico nel confronti del mondo esterno, il miglior mezzo per fronteggiare l’informazione basata sull’emotività e prevenire il panico. E’ una riflessione da non sottovalutare, anche al di là dell’epoca e della circostanza in cui è stata fatta.
Del resto oltre cinquant’anni dopo, in era televisiva, una finta “fine del mondo” trasmessa da un notiziario della Cbs il 30 ottobre 1994 proprio per commemorare il programma di Orson Welles ha provocato, anche se forse non nella stessa misura del ’38, terrore e panico. Eppure, a commentare le immagini degli asteroidi, sullo schermo compariva frequentemente, durante i normali intervalli pubblicitari, prima e dopo lo spot, la scritta: “Nulla di ciò che vedete sta realmente accadendo”.
Se ne potrebbe dedurre che, nell’epoca dell’immagine, la gente crede più a ciò che vede che a ciò che legge; e, in secondo luogo, che è convinta dell’inevitabilità delle interruzioni pubblicitarie dei programmi, anche durante la fine del mondo.
Nella foto rielaborata: Edward Bernays, che teorizzò l’ “ingegneria del consenso”.
A cura della Redazione – 24 Gennaio 0